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Fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento

Aggiornamento: 26 mar 2020

Nel dicembre 1914 un gruppo di socialisti massimalisti capitanato da Alceste de Ambris, Benito Mussolini e Angelo Oliviero Olivetti fondò un movimento interventista rivoluzionario con l'obiettivo di fare entrare il Regno d'Italia in guerra contro gli Imperi Centrali. Gli uomini che parteciparono a quel movimento, scioltosi nel maggio 1915 a obiettivo raggiunto, furono pressoché gli stessi che si riunirono, nel marzo 1919, per fondare i Fasci Italiani di Combattimento. Al termine della Prima guerra mondiale, infatti, il sentimento patriottico e rivoluzionario era più in auge che mai, inoltre in quel periodo agiva il Poeta-Vate Gabriele D'Annunzio, dell'Associazione Nazionalisti Italiani (poi confluita nel Partito Nazionale Fascista).

D'Annunzio, nel periodo di guerra, fu un fervente interventista che ispirò le masse con le sue orazioni e i suoi discorsi, ed era per questo un punto di riferimento per tutti i patrioti italiani. Molto della simbologia del Vate fu ripreso anche, successivamente, da Mussolini nel suo partito il quale, tra discorsi oratori di grande caratura e la diffusione dei simboli dell'Antica Roma, prese enorme ispirazione dal pensiero e dalle gesta ardite del Vate. In un certo senso, il superuomo di D'Annunzio, oltre ad identificarsi in D'Annunzio stesso, può farlo anche con la figura del Duce.

Ad ogni modo, nonostante ciò, Mussolini ci mise anche del suo: provenendo da famiglia socialista (i suoi tre nomi, "Benito Amilcare Andrea", gli furono dati in onore di tre grandi socialisti di fine Ottocento: Benito Juàrez, Amilcare Cipriani e Andrea Costa) e dallo stesso Partito Socialista Italiano, aggiunse al richiamo verso la figura mistica del capo-condottiero e a quello verso l'antica Roma, alcuni punti della dottrina socialista, di cui lui comunque sarà sempre un seguace, a suo modo.

Il manifesto del nuovo movimento, infatti, mette in risalto diversi punti cari anche ai socialisti dell'epoca, come ad esempio il suffragio universale e l'anticlericalismo. Era un manifesto rivoluzionario, che durante il governo non fu applicato del tutto, a causa di alcuni compromessi doverosi (basti pensare ai Patti Lateranensi), ma che fu ripreso fortemente nella, seppur breve, esperienza della Repubblica Sociale Italiana.

Tuttavia il 23 Marzo 1919, prima che iniziasse il Ventennio e quando ancora non si prospettava una svolta autoritaria del fascismo, in piazza San Sepolcro, a Milano, si riunirono uomini e ragazzi, giovani ed anziani, tutti uniti sotto il simbolo del Fascio littorio: la rivoluzione fascista stava per iniziare. Seguirà il periodo del "biennio rosso", quella serie di lotte operaie e contadine che portò, indirettamente, al sentore che il fascismo potesse essere l'argine, in Italia, alla deriva bolscevica del Paese. E, di fatto, lo fu.

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