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Analisi sul referendum istituzionale del 2 Giugno 1946


Il 25 giugno 1944, in piena Seconda guerra mondiale, il governo Bonomi II emanò il decreto luogotenenziale n.151. Con esso fu tradotto in norma l'accordo che, al termine della guerra, fosse indetta una consultazione a suffragio universale sulla forma dello Stato, quindi se mantenere la monarchia dei Savoia o se instaurare una Repubblica, e sull'elezione di un'Assemblea Costituente, che avrebbe redatto un nuovo testo costituzionale in sostituzione dello Statuto albertino del 1848.

Questi propositi furono decretati il 16 marzo 1946 dal principe Umberto di Savoia, al tempo ancora luogotenente generale del Regno d'Italia.

Il contesto in cui si svolge il referendum del 2 giugno è molto articolato.

Innanzitutto, l'Italia esce distrutta da una guerra in cui il popolo si era frammentato in due distinti schieramenti, fascisti e antifascisti, dove la forma dello Stato non era la questione principale di contesa.

Lo schieramento repubblicano contava numerosi partiti componenti del Cln, come ad esempio il Pci, il Psiup, il Pri e il Partito d'Azione, ma anche i fascisti, o quello che rimaneva dei sostenitori del fascismo, vista la recente esperienza repubblicana della Repubblica sociale, tendenzialmente erano schierati dalla parte della Repubblica.

Il fronte monarchico poteva vantare la presenza, oltre degli ambienti vicini a casa Savoia, anche del Partito liberale e della Dc, anche se quest'ultima era molto frammentata e molti democristiani erano favorevoli alla Repubblica.

La situazione era comunque incerta, e il Re Vittorio Emanuele III decise di abdicare in favore del figlio Umberto un mese prima del referendum, poiché la sua figura era meno compromessa di quella del padre. Così Vittorio Emanuele III partì in esilio ad Alessandria d'Egitto, e il principe Umberto divenne Re Umberto II di Savoia.

Tra il 2 e il 3 giugno si tennero le consultazioni referendarie: 24 946 878 italiani vi parteciparono (89,08% degli aventi diritto al voto), 12 718 641 italiani votarono la Repubblica (54,27%), mentre in 10 718 502 scelsero la Monarchia (45,73%). 1 509 735 furono le schede bianche o invalidate.

Analizzando i voti regione per regioni, si nota come l'Italia si era suddivisa in due: a Nord vi fu prevalenza per la Repubblica, a Sud invece vinse la Monarchia.

Numerose controversie ruotarono attorno al referendum: innanzitutto, numerosi cittadini furono impossibilitati a votare poiché si trovavano ancora al di fuori del territorio nazionale (come i prigionieri di guerra), oppure perché abitanti di alcuni territori oggetto di contesa internazionale tra Alleati e Jugoslavia (come Trieste, Gorizia o Bolzano). Inoltre i rapporti del Corpo dei Carabinieri Reali indicavano una netta prevalenza per la Monarchia e il numero dei voti registrati risultò essere da alcune analisi statistiche superiore a quello dei possibili elettori. Un ulteriore problema fu sollevato dal simbolo utilizzato dai repubblicani per identificarsi nella scheda elettorale: l'Italia turrita, che si contrapponeva allo scudo sabaudo monarchico. Qui la controversia fu nel fatto che l'Italia turrita aveva un significato universale che avrebbe dovuto essere comune a tutti gli italiani, non a una parte di loro (quella repubblicana).

Queste controversie, seppur soggettive, restano tutt'oggi frutto di dibattito, poiché i reclami presentati dai monarchici furono tutti respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno. Lo stesso Re Umberto II, per evitare lo scoppio di una guerra civile, optò per l'esilio volontario in Portogallo, esilio che poi acquisirà forza di legge costituzionale nella Costituzione repubblicana, per effetto della XIII disposizione transitoria e finale. Solo nel 2002, a seguito di una legge di revisione costituzionale, questa disposizione ha cessato i suoi effetti.

Per quanto riguarda i voti per l'Assemblea Costituente, la Dc prese il 35,2 % dei voti, ottenendo 207 seggi dei 556 previsti. Il Psiup ottenne il 20,7%, pari a 115 seggi e il Pci il 18,9%, corrispondente a 104 seggi. Si iniziava già a delineare la divisione tra blocco occidentale e blocco orientale, che terrà impegnata la politica italiana per tutta la durata della Guerra fredda.

Nonostante tutto, alla fine fu nominato Capo provvisorio dello Stato Alcide De Gasperi, e l'esperienza repubblicana poteva cominciare. Ovviamente i partiti eletti alla Costituente lavorarono per un anno e mezzo circa e il testo finale fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 1947, entrando in vigore dal 1° gennaio successivo. Nel frattempo, tra giugno 1946 e gennaio 1948, si susseguirono tre governi, tutti presieduti da De Gasperi.

In conclusione, quel referendum del 2 giugno 1946 cambiò radicalmente l'Italia e pose le basi per la costruzione dello Stato odierno. L'11 giugno, primo giorno dell'Italia repubblicana, fu deciso di istituire il 2 giugno come festività nazionale. Così è stato per 73 anni, e dovrebbe continuare ad esserlo anche in futuro, a meno di clamorosi stravolgimenti geopolitici. Il dibattito sulla forma dello Stato è ancora aperto, e ci sono diverse opinioni valide in merito, ma l'art. 139 della Costituzione esclude che essa si possa modificare, poiché "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale".


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